Santa Maria Capua Vetere: spunta il video dei pestaggi nel carcere
I detenuti vengono fatti passare tra due ali di uomini della polizia penitenziaria e colpiti con calci, pugni e manganellate: 52 agenti arrestati, oggi gli interrogatoriSpunta il video choc dei pestaggi ai danni dei detenuti di Santa Maria Capua Vetere. Le immagini riprese dalle telecamere all’interno del carcere non lasciano dubbi: i reclusi vengono fatti passare tra due ali di uomini della polizia penitenziaria - come in una sorta di “cerimoniale” - e colpiti con calci, pugni e manganellate. Secondo gli inquirenti, il tutto sarebbe avvenuto il 6 aprile 2020 per punire i detenuti che il giorno prima avevano inscenato una protesta contro le restrizioni imposte dal Covid. A riportare le prove schiaccianti delle violenze è la testata “Domani”.
Chat e video, ecco le fonti di prova
“Prendiamo chiavi e piccone, abbattiamo i vitelli”; “I ragazzi sanno cosa fare”; “Spero che acchiappano tante di quelle mazzate che domani li trovo tutti ammalati”. Sono stralci delle intercettazioni telefoniche acquisite dalla magistratura che fanno pensare a un pestaggio ben organizzato. Il contenuto delle chat e le immagini riprese dalle telecamere nell’istituto di pena del Casertano hanno portato a incriminare 52 uomini della polizia penitenziaria.
Agli indagati - tutti sospesi dal servizio - gli inquirenti contestano oltre a maltrattamenti, depistaggio e falso anche il reato di tortura. Fondamentali, ai fini dell’esito delle indagini, sono state le immagini del video che mostrano quella che sembra una spedizione punitiva nei confronti dei detenuti. In principio i poliziotti non si sarebbero preoccupati del fatto che le videocamere riprendessero le violenze, e solo in un secondo momento avrebbero cercato di manomettere o eliminare i fotogrammi.
Le sevizie nella cella 13
Cominceranno oggi gli interrogatori di garanzia ed è probabile che la maggioranza degli agenti indagati decida di avvalersi della facoltà di non rispondere. E intanto emergono nuovi dettagli sulle torture ai danni dei reclusi nel carcere di Santa Maria Capua Vetere: in particolare l’episodio nella cella 13 dove un detenuto sarebbe stato sodomizzato con un manganello, ma prima della violenza gli agenti si sarebbero rivolti così: “Oggi appartieni a me, sono io che comando, sono lo Stato. Comando io oggi”.
Poi gli indagati “lo accerchiavano e lo percuotevano violentemente con colpi al capo e al corpo, sferrati con manganelli e a mani nude”, emerge dall’ordinanza del gip. “Con forza lo trascinavano fino all’ingresso delle scale” e di nuovo “lo percuotevano al capo e al corpo con manganelli e mani nude”. L’orrore sarebbe continuato fino a quando un compagno di cella, vedendolo ferito e allo stremo delle forze, chiese agli agenti dell’acqua al fine di soccorrerlo ma la risposta fu: “Beviti l’acqua del cesso”.
Il caso del detenuto affetto da schizofrenia
Nel fascicolo del procuratore di Santa Maria Capua Vetere anche il caso di Lamine Hakimi, detenuto straniero affetto da schizofrenia, uno dei 15 carcerati del reparto Nilo classificati dagli agenti della penitenziaria come pericolosi e quindi messi in isolamento. L'uomo sarebbe stato picchiato e poi imbottito di farmaci: morì il 4 maggio 2020 per un arresto cardiocircolatorio conseguente a un edema polmonare acuto. L'episodio portò la Procura a ipotizzare nei confronti dei poliziotti indagati il delitto di "morte come conseguenza di altro reato", ma il Giudice considerò quel decesso come suicidio.
Le reazioni politiche
A stretto giro arrivano le reazioni politiche alle immagini choc: "Le immagini che arrivano dal carcere di Santa Maria Capua Vetere mostrano avvenimenti inaccettabili - scrive l'europarlamentare del Partito democratico Pina Picierno - Si tratta di una pesante lesione allo stato di diritto e occorre chiarire in modo trasparente le responsabilità, adottando provvedimenti efficaci. Il carcere, come sancisce la Costituzione, deve tendere alla rieducazione del condannato e non può consistere in trattamenti contrari al senso di umanità. Per questo non è possibile continuare a ricorrere a interventi spot oppure a liquidare quanto avvenuto come qualcosa di slegato da una realtà più ampia e complessa".
Per il leader della Lega Matteo Salvini “chi sbaglia paga soprattutto se indossa una divisa però non si possono coinvolgere tutti i 40mila donne e uomini di polizia penitenziaria e non si possono sbattere in prima pagina con nomi e cognomi. Serve rispetto per uomini in divisa che ci proteggono in strada, i singoli errori vanno puniti. Conosco quei padri di famiglia sotto accusa e sono convinto che non avrebbero fatto nulla di male''.
Redazione
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