Nichelino (To): Silvia Rossetto uccise il compagno nel 2018; assolta anche in appello per legittima difesa
La procura di Torino aveva impugnato la sentenza di assoluzione di primo grado ravvisando un eccesso colposo nella reazione della donna all'aggressione subita dal compagno. Ma la Corte d'Assise d'Appello di Torino ha assolto l'imputataA Nichelino, in provincia di Torino nel 2018 Silvia Rossetto uccise il compagno che le puntava un coltello alla gola. Ieri è arrivata la sentenza di assoluzione anche della corte d'assise d’appello: “Fu legittima difesa”.
I fatti processuali
La procura di Torino aveva impugnato la sentenza di assoluzione di primo grado adducendo come motivazione l’esistenza di un eccesso colposo di difesa, ma la corte d’Appello del capoluogo piemontese ha respinto la richiesta.
Il legale della donna ha precisato che la corte ha giustamente ravvisato la scriminante della legittima difesa perché non era immaginabile che l'imputata potesse escludere di essere accoltellata e uccisa dal suo aggressore.
Così Silvia Rossetto, 51 anni, è stata assolta anche dalla corte di Assise di appello di Torino per legittima difesa. La donna fu processata per avere ucciso il compagno il 2 settembre 2018 nel corso di una lite a Nichelino (Torino). Giuseppe Marcon, questo il nome dell’uomo, nella circostanza le aveva puntato un coltello alla gola e lei ne aveva preso un altro da un mobile della cucina difendendosi dall’aggressore e procurandone la morte.
La procura aveva impugnato la sentenza di primo grado ritenendo che sussistesse una responsabilità seppur minima della imputata, quanto meno per eccesso colposo, ma la corte ha dato ragione all’avvocato difensore Sergio Bersano. “Mi aspettavo la conferma dell’assoluzione, anche perché la sentenza di primo grado del gup Stefano Vitelli era stata ampia ed estesamente argomentata”, questo il commendo dell'avvocato Bersano.
Una relazione malata
L’omicidio ebbe luogo in un contesto di relazione di coppia malata. Sia Rossetto che Marcon, infatti, soffrivano per disturbi di natura psicologica che, secondo un conoscente, “lei ammetteva di avere e lui non accettava”. Si erano conosciuti nel 2007 durante un periodo in cui erano ricoverati nella stessa comunità, e avevano iniziato una relazione nella quale, talvolta, davano sfogo ad episodi di violenza fisica e verbale.
Il 2 settembre 2018, nell’appartamento che la coppia divideva a Nichelino (Torino), c’era stato l’ultimo scontro: il litigio era iniziato al mattino, con una breve pausa durante la giornata. La lite era poi ripresa quando l’uomo aveva cominciato a bere (il tasso alcolemico rilevato dall’autopsia fu 1.3 grammi/litro) e a diventare aggressivo. Alle 18:27 la mamma di Silvia telefonò e sentì lui inveire e lei gridare “aiuto”. Quando la comunicazione si interruppe, chiamò i carabinieri.
Il racconto dell’imputata – che è rimasta in custodia cautelare in carcere fino alla prima assoluzione – secondo la ricostruzione dell’accaduto, non è mai stato perfettamente lucido e coerente. C’erano dettagli che non combaciavano. Ed è per questo che la procura, pur accettando la linea della legittima difesa, aveva fatto ricorso in appello per eccesso colposo. “Ma non è immaginabile – ha replicato l’avvocato Bersano – che Rossetto, già malata e per giunta in preda a ‘un’ansia distruttiva’ perché picchiata e minacciata con un coltello da un uomo ubriaco che le aveva già usato violenza in passato, potesse valutare che forse il compagno non avrebbe affondato la lama”.
Per quest’ultimo motivo, anche la corte d'assise d’appello di Torino ha emesso sentenza di assoluzione.
Redazione
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