Afghanistan, 35 morti dopo le proteste. Sempre più critica la situazione nel paese
Critica la situazione in tutto l'Afghanistan con manifestazioni di proteste sedate con la violenzaProvincia afghana di Nangarhar, le persone sono scese in strada con le vecchie bandiere dell’Afghanistan; senza pensarci due volte i talebani hanno aperto il fuoco e ucciso 35 persone disarmate. Così le voci della protesta montano in tutto il mondo e l’indignazione collettiva ha la meglio, soprattutto per il fatto che, secondo il nuovo governo, l’insediamento sarebbe stato pacifico.
Spari anche a Kabul, nei pressi dell'aeroporto, dove i Talebani hanno provato a disperdere la folla accalcata nel tentativo di salire su un aereo per fuggire dal paese. Secondo la Cnn, sono ancora in corso combattimenti nell’area antistante l’aeroporto e ci sarebbero diversi feriti tra i civili che starebbero tentando la fuga.
Le proteste in tutto l’Afghanistan
Così i talebani stanno affrontando le prime manifestazioni: aprendo il fuoco sulla gente disarmata. Tutti i giornali del mondo hanno gli occhi puntati sull’Afghanistan e le proteste quasi sempre vengono sedate con il pallottole.
A fare le spese del nuovo governo è anche la statua di Abdul Ali Mazari, un leader sciita che si ribellò e combattè contro i Talebani durante la guerra civile negli anni Novanta. Gli occupanti hanno ben pensato di distruggere la statua con la dinamite, come per mostrare al pese che anche i simboli possono essere distrutti. Ma, appunto, la statua non è altro che un simbolo e la voce di Mazari resiste ancora nelle proteste che stanno scoppiando su tutto il territorio.
Qualcuno parla di un confronto tra i talebani con la popolazione e con gli ex governanti. Altri parlano solo di terrore e violenza e la situazione è tesa, al punto che le persone chiedono l’aiuto dell’occidente che, però, non sembra avere nessuna intenzione di intervenire.
Anche il Presidente Joe Biden è stato chiaro, l’America non interferirà con la nuova situazione politica in Afghanistan e non verranno inviate altre truppe. Il mondo non può che prepararsi a una nuova crisi umanitaria.
Redazione
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