Export, nel 2018 è record per il cibo italiano
Incremento del 3,4% per le esportazioni nei primi otto mesi del 2018 rispetto allo stesso periodo dello scorso annoÈ record storico per il Made in Italy agroalimentare nel mondo con le esportazioni che fanno registrare un incremento del 3,4 % nei primi otto mesi del 2018 rispetto allo stesso periodo dello scorso anno. E’ quanto emerge da un’analisi della Coldiretti dalla quale si evidenzia che in alcuni settori come il vino gli acquisti all’estero hanno addirittura superato quelli in Italia. Si tratta di un ottimo risultato dopo il valore di 41,03 miliardi del 2017 che – sottolinea la Coldiretti – conferma le potenzialità del Made in Italy a tavola per la ripresa economica ed occupazionale del Paese. Quasi i due terzi delle esportazioni agroalimentari – precisa la Coldiretti – interessano i Paesi dell’Unione Europea dove il principale partner è la Germania dove l’export cresce del 4,9%, mentre in Francia l’aumento è del 7,4%.
Più ridotto è l’aumento in Gran Bretagna (+1,3%) anche per gli effetti delle tensioni determinate dai negoziati sulla Brexit, l’andamento dei tassi di cambio, ma anche le nuove tendenze nazionalistiche che preoccupano anche fuori dai confini dell’Unione. A pagane le spese è il prosecco che per la prima volta fa registrare un calo delle bottiglie esportate dopo un decennio di ininterrotta crescita. Si registra infatti una frenata del tasso di crescita in Usa, che sono di gran lunga il principale mercato dell’italian food fuori dai confini dall’Unione, con le esportazioni agroalimentari Made in Italy che fanno registrare un aumento di appena l’1,5%.
In ripresa la Russia, con un aumento del 6% nonostante l’embargo all’ingresso per una importante lista di prodotti agroalimentari con il divieto all’ingresso di frutta e verdura, formaggi, carne e salumi, ma anche pesce, provenienti da Ue, Usa, Canada, Norvegia ed Australia con decreto n. 778 del 7 agosto 2014, appena rinnovato sino alla fine del 2019.
“L’andamento sui mercati internazionali potrebbe ulteriormente migliorare con una più efficace tutela nei confronti della “agropirateria” internazionale che fattura oltre 100 miliardi di euro utilizzando impropriamente parole, colori, località, immagini, denominazioni e ricette che si richiamano all’Italia per prodotti taroccati che non hanno nulla a che fare con la realtà nazionale”, ha affermato al proposito il presidente della Coldiretti Roberto Moncalvo nel sottolineare che “a preoccupare è la nuova stagione di accordi bilaterali inaugurata dall’Unione Europea che dal Ceta con il Canada al Giappone sta di fatto legittimando il falso Made in Italy”.
Sul mercato del Made in italy pesano anche i bollini allarmistici per i consumatori su olio extravergine, parmigiano reggiano o prosciutto di Parma che dal Sudamerica all’Europa che rischiano di essere ingiustamente diffamati da sistemi di etichettatura ingannevoli che sostengono modelli alimentari sbagliati e mettono in pericolo la salute dei cittadini ma anche il sistema produttivo di qualità del Made in Italy. Un vero affronto per il Made in Italy agroalimentare che – sottolinea la Coldiretti – fonda il suo successo su prodotti dalle tradizioni plurisecolari trasmesse da generazioni di agricoltori che si sono impegnati per mantenere le caratteristiche inalterate nel tempo. Un patrimonio che è alla base della dieta mediterranea che ha consentito all’Italia di conquistare con ben il 7% della popolazione, il primato della percentuale più alta di ultraottantenni in Europa davanti a Grecia e Spagna ma anche una speranza di vita che è tra le più alte a livello mondiale ed è pari a 80,6 per gli uomini e a 85 per le donne. Un ruolo importante per la salute che – continua la Coldiretti – è stato riconosciuto anche con l’iscrizione della dieta mediterranea nella lista del patrimonio culturale immateriale dell’umanità dell’Unesco il 16 novembre 2010.
Il rischio – denuncia la Coldiretti – è che si diffondano in tutto il mondo sistemi di informazione visiva come quello adottato in Cile dove si è già iniziato a marchiare con il bollino nero, sconsigliandone di fatto l’acquisto, prodotti come il parmigiano, il gorgonzola, il prosciutto e, addirittura, gli gnocchi. O come il caso dell’etichetta a semaforo adottata in Gran Bretagna che finiscono per escludere nella dieta alimenti sani e naturali che da secoli sono presenti sulle tavole per favorire prodotti artificiali di cui in alcuni casi non è nota neanche la ricetta.
Vengono infatti promossi con il semaforo verde cibi spazzatura con edulcoranti al posto dello zucchero e bocciati elisir di lunga vita come l’olio extravergine di oliva considerato il simbolo della dieta mediterranea, ma anche i principali formaggi e salumi italiani. Ad essere discriminati con quasi l’85% in valore del Made in Italy a denominazione di origine (Dop) che l’Unione Europea e le stesse istituzioni internazionali dovrebbero invece tutelare. L’etichetta a semaforo inglese invece indica con i bollini rosso, giallo o verde il contenuto di nutrienti critici per la salute come grassi, sali e zuccheri, ma non basandosi sulle quantità effettivamente consumate, bensì solo sulla generica presenza di un certo tipo di sostanze, porta a conclusioni fuorvianti come il ‘Nutri-score’ francese che a differenza classifica gli alimenti con cinque colori secondo il loro contenuto di ingredienti considerati “cattivi”’ (grassi, zuccheri) ma anche buoni” (fibre, frutta, verdura).
“Il bisogno di informazioni del consumatore sui contenuti nutrizionali deve essere soddisfatto nella maniera più completa e dettagliata, ma anche con chiarezza, a partire dalla necessità di usare segnali univoci e inequivocabili per certificare le informazioni più rilevanti per i cittadini mentre sistemi troppo semplificati cercano di condizionare in modo ingannevole la scelta del consumatore” ha concluso il Presidente della Coldiretti Roberto Moncalvo.
c.s.
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