Venerdì 3 novembre,
Giorgia Meloni presenterà ufficialmente al Consiglio dei ministri il testo contenente le sue riforme (
APPROFONDISCI QUI). Delle modifiche alla Carta fondamentale che potrebbero portare nuovi scenari all'interno del Paese.
Riforma Meloni, addio ai governi tecnici
Tra le modifiche che proporrà la premier, in un ddl diviso in 5 articoli, c'è la fine della nomina dei senatori a vita scelti dal Quirinale per "altissimi meriti nel campo sociale, scientifico, artistico e letterario". Potranno così diventare senatori a vita solo i presidenti emeriti della Repubblica. Il passaggio che sta facendo più discutere è però quello relativo alla cosiddetta "norma anti ribaltone" della ministra Maria Elisabetta Casellati. Qualora dovesse essere approvato, si direbbe addio a qualsiasi ipotesi di governo tecnico. Verrebbe infatti modificato l'articolo 94 della Costituzione che recita: "In caso di sfiducia del premier eletto dal popolo, il capo dello Stato può conferire l’incarico di formare il governo al presidente del Consiglio dimissionario o a un altro parlamentare eletto in collegamento al presidente eletto". Il governo Meloni propone quindi lo stop definitivo agli esecutivi tecnici, o che nascano da manovre di palazzo. Il premier eletto resterebbe in carica per 5 anni. Le votazioni avverrebbero con un'unica scheda, con sistema maggioritario e premio del 55%. Il ministro Ciriani si è già detto sicuro del fatto che venerdì il Consiglio dei ministri darà il via libera definitivo: "Abbiamo raggiunto un buon punto di compromesso tra la nostra vocazione presidenziale e la sensibilità degli altri partiti".
Le reazioni politiche
Le riforme stanno naturalmente facendo molto discutere in Parlamento. Il Pd, con Giorgis, ha infatti attaccato: "La democrazia si riduce alla scelta del capo". Per Matteo Salvini invece è una riforma di buon senso: "Niente governi tecnici, niente ribaltoni". E Calenda ancora: "Caro Salvini, i ribaltoni li fate tutti i giorni disattendendo ogni promessa".