Taranto, l’acciaieria dell’Ilva, gestita dai Riva, ha dato vita a un vero e proprio disastro ambientale. Così il tribunale ha giudicato tutti i principali indagati colpevoli a vario titolo, con pene più o meno severe “ripartite” tra i proprietari dello stabilimenti, politici e vertici dell’acciaieria.
Dalle prime carte trapelate si legge che il tribunale ha decretato: 22 anni di reclusione a Fabio Riva e 20 a Nicola Riva. Girolamo Archinà, responsabile delle relazioni istituzionali, già considerato il “tuttofare” dei Riva, è stato condannato a 21 anni e 6 mesi, 21 anni, invece, all’ex direttore dello stabilimento Luigi Capogrosso.
Per quanto riguarda le istituzioni che hanno “gestito” la questione dell’Ilva di Taranto, vediamo una condanna a 18 anni e sei mesi per Lanfranco Legnani, Alfredo Ceriani, Giovanni Rebaioli e Agostino Pastorino; mentre l’ex governatore della regione Nichi Vendola, accusato di concussione aggravata in concoorso, sono stati confermati 3 anni e 6 mesi di pena. Durissima la reazione di quest’ultimo che si è scagliato contro la sentenza, definendola “L’ennesima prova di una giustizia profondamente malata”. Continuando con le condanne, troviamo 3 anni di reclusione all’ex presidente della Provincia di Taranto, Gianni Florido. La condanna arriva per aver fatto pressioni sulla sua amministrazione per concedere all’Ilva e ai Riva l’utilizzo della discarica interna alla fabbrica. Sempre 3 anni di reclusione vanno all’ex assessore provinciale all’ambiente Michele Conserva; 15 anni e sei mesi a Lorenzo Liberti, ex consulente della procura; 2 anni per favoreggiamento all’ex direttore di Arpa Puglia Giorgio Assennato.
Arriva una condanna a 17 anni, inoltre per l’ex sindaco di Taranto, Ippazio Stefano e i suoi fiduciari Giuseppe Casartelli e Cesare Corti. Adolfo Buffo, allora direttore del siderurgico, condannato a 4 anni. Ivan Di Maggio, Salvatore De Felice, Salvatore D’Alò, condannati a 17 anni a testa; Marco Andelmi e Angelo Cavallo condannati a una pena di 11 anni e 6 mesi. L’avvocato della famiglia Riva, Francesco Perli, è stato condannato a 5 anni e 6 mesi. Infine a molti di questi condannati la Corte ha ratificato anche l’interdizione perpetua o per 5 anni dai pubblici uffici o dagli incarichi che ricoprono.
La questione Ilva, un disastro ambientale decennale
La “Questione Ilva” e il conseguente disastro ambientale salirono alla cronaca il 26 luglio del 2012 quando l’impianto venne messo sotto sequestro. Tutto era partito dalle indagini del Nucleo Operativo Ecologico dei Carabinieri di Lecce che avevano analizzato e filmato sia gli “sbuffi” dell’acciaieria e sia le polveri di ferro e carbone che si posavano sul Quartiere Tamburi, antistante l’Ilva, ricoprendo parchi e case e facendo ammalare la popolazione.
La vicenda è realmente deflagrata dopo anni di proteste dei cittadini che, stanchi di malattie e inquinamento, hanno iniziato una serie di manifestazioni che sono arrivare all’attenzione della stampa internazionale e della politica. E la stessa politica coinvolta nel disastro ambientale non ha mai cercato soluzioni alternative, portando al tragico bilancio che oggi è noto a tutti. Taranto e il Quartiere Tamburi sono due realtà ferite e rimaste abbandonate per molto tempo; solo queste condanne, forse, potranno dare un po’ di sollievo ai cittadini che, comunque hanno pagato il prezzo più alto in termini di vite e di occupazione. Non si può tornare indietro e sistemare gli errori del passato, ma tutti si augurano che con la nuova gestione le cose possano cambiare in meglio e si possano avere più garanzie per la salute e il futuro degli abitanti della città.