In un episodio drammatico di violenza, degli uomini armati con i volti coperti da passamontagna hanno fatto irruzione in diretta TV nello studio di un canale pubblico a Guayaquil, città ecuadoriana già colpita da violenza e problemi legati alla droga. L'attacco ha preso di mira giornalisti e tecnici, tenendoli in ostaggio mentre la tensione nel luogo era palpabile con spari, grida e l'obbligo di mettersi a terra.

La Polizia Nazionale ha risposto immediatamente, allertando tutte le sue unità a Quito e Guayaquil. Circa 30 minuti dopo le forze dell'ordine hanno fatto irruzione nello studio, annunciando la loro presenza. In risposta a questa grave minaccia alla sicurezza il presidente dell'Ecuador, Daniel Noboa, ha dichiarato un "conflitto armato interno", autorizzando l'impiego immediato delle forze di sicurezza contro il crimine organizzato. Parallelamente, è stato decretato uno stato di emergenza nazionale della durata di 60 giorni, con un coprifuoco notturno. La situazione è ulteriormente complicata dal rapimento di almeno quattro agenti di polizia e dalla fuga di Adolfo Macias, un importante narcotrafficante, da una prigione di massima sicurezza. Sono emersi inoltre scontri e prese di ostaggi in diverse carceri, portando all'evacuazione del parlamento e di uffici pubblici a Quito, con misure simili adottate anche in altre città, come Guayaquil in un clima precipitato sempre più nel caos.

L'ondata di violenza si è estesa ad altre zone, con gruppi criminali che hanno incendiato veicoli nel centro di Esmeralda. Questi atti vandalici sembrano essere una risposta alla dichiarazione dello stato di emergenza del presidente Noboa, nel tentativo di contenere le azioni criminali. In questo contesto di caos e paura, l'Ecuador affronta una delle sue crisi di sicurezza più gravi della storia recente. La politica si trova così a gestire una situazione sempre più complessa e pericolosa, cercando di riportare l'ordine in un contesto caratterizzato da violenza diffusa e atti criminali.