La plastica continua a inquinare i nostri oceani. E con la pandemia e l’utilizzo di Dpi, in primis le mascherine, la situazione è diventata drammatica. Una consapevolezza, questa, da non sottovalutare nella Giornata Mondiale degli Oceani.
Lo smaltimento illecito
Da anni si parla della sofferenza del nostro mare dovuta allo sversamento illegale della plastica. Tantissime le immagini dei poveri pesci morti perché avevano ingerito il materiale non facilmente smaltibile in quella che è la loro casa: l’oceano. E da un anno ormai a danneggiare ulteriormente l’ambiente sono le mascherine per proteggerci dal Covid. Spesso smaltite male o gettate a terra, sono il nuovo nemico della natura.
La previsione, disastro ambientale entro il 2050
Prima della pandemia le stime degli esperti parlavano di un trend in peggioramento sull’inquinamento negli oceani: addirittura
nel 2050 il peso della plastica potrebbe superare quello di tutti i pesci presenti. Stime che potrebbero aggravarsi a causa dello smaltimento illegale di mascherine responsabili di rilasciare
microplastiche e
nanoplastiche dannose per l'ambiente. In base a uno studio effettuato da OceanAsia, nel solo anno 2020 sono stati più di 1,6 miliardi le mascherine finite negli oceani. I polimeri plastici, infatti, non si biodegradano facilmente. Lo sanno bene i volontari delle associazioni ambientaliste al lavoro ogni anno per ripulire
le spiagge italiane piene di rifiuti di ogni tipo. Alcune tipologie di mascherine di nuova generazione risultano ancora più dannose perché realizzate in fibre microscopiche, capaci di rilasciare particelle plastiche più rapidamente delle bottiglie o dei classici sacchetti per la spesa.
A rischio cibo e bevande
Un problema, quello della plastica che fa ammalare il nostro pianeta, che ha risvolti negativi anche per l’alimentazione. Il materiale infatti finisce anche nei crostacei e nei pesci che arrivano sulla nostra tavola. Non solo: una ricerca dell’Università australiana di Newcastle "No Plastic in Nature: Assessing Plastic Ingestion from Nature to People" ha rilevato contaminazioni di microplastiche anche in bevande come birra e acqua, sia di rubinetto sia di bottiglia.