È stato il mistero dell’estate, una di quelle storie da seguire sotto l’ombrellone o da leggere in un romanzo. Tutto era iniziato nel 2005, con il ritrovamento dei resti di uno sciatore sul Cervino. I pochi oggetti intorno al corpo, un orologio, un paio di occhiali e quel che restava degli indumenti, facevano supporre che la persona, un uomo, avesse perso la vita durante una discesa con gli sci. Non si era però riusciti a dare un nome ai poveri resti riemersi. Poi, nel 2017, grazie anche allo sviluppo delle tecnologie di ricerca del Dna, il magistrato ha affidato gli oggetti e le spoglie dell’Uomo del Cervino alla Polizia scientifica. I risultati, pubblicati lo scorso giugno, hanno stabilito diverse verità: innanzi tutto che lo sciatore era un uomo di circa 30-35 anni che per l’abbigliamento, non particolarmente pesante doveva esser morto verso la fine dell’inverno o all’ inizio della primavera; il decesso, per gli oggetti indossati dallo sconosciuto, era avvenuto negli anni ’50 e molti elementi riconducevano ad un cittadino francese.
Diversi quotidiani nazionali hanno dato risalto al lavoro dei poliziotti della Scientifica di Torino che hanno divulgato i dati nella speranza di risolvere il mistero dello “Sciatore sconosciuto”. La Polizia di Stato attraverso i propri social ha diffuso i dati della ricerca interessando anche i colleghi d’oltralpe. La notizia ha avuto molte condivisioni in Rete ed è diventata immediatamente virale tanto che dopo poche ore, un profilo Facebook, sui social della Polizia, ha dichiarato di sapere chi fosse l’Uomo del Cervino. Una donna ha sostenuto di essere sicura di conoscere l'identità dell'uomo: aveva sentito una trasmissione radiofonica francese in cui si parlava dell'appello rivolto dai social della Polizia di Stato italiana ed il pensiero è andato allo zio scomparso negli anni '50, proprio sul Cervino. Telefonate, messaggi e contatti ed infine, un tampone salivare al padre della signora, presunto fratello dello sciatore, hanno permesso di fare chiarezza nella vicenda.
I freddi dati raccolti dalla Polizia hanno preso letteralmente corpo, assunto colore, carattere. Grazie al racconto della nipote abbiamo potuto ricostruire l’esistenza di un uomo rimasto sepolto per oltre 60 anni sulle nostre montagne: montagne che Henri le Masne, questo il nome del giovane, amava e sulle quali aveva passato diversi periodi di ferie. Amava la solitudine delle montagne sulle quali spesso si avventurava per escursioni o per sciare; amava la libertà, come diceva spesso a suo fratello che oggi ha 95 anni, e i pericoli della montagna non lo spaventavano. Un carattere inquieto, forse segnato dalla scomparsa prematura della mamma, ma indomito: due anni prima era rimasto vittima di un altro incidente in montagna cavandosela con qualche piccola ferita. Per il resto, Henri Joseph Leonce conduceva una vita normale era un impiegato del ministero delle Finanze a Parigi e aveva una bella casa nella capitale francese; ed è morto, a 3.100 metri di altitudine, il 26 marzo 1954, il giorno del suo trentacinquesimo compleanno.