Sei società intestate ed una consulenza “professionale” su come trovare un finto lavoro.
Questa la base da cui partivano due coniugi arrestati stamattina dalla Squadra mobile di Padova nell'operazione "Fake jobs". Lui, un imprenditore che aveva registrato alle Camere di commercio di diverse città alcune società a responsabilità limitata, mai attive di fatto; lei, una consulente del lavoro che conosce i meccanismi di gestione delle pratiche presso l’Inps e presso i Centri per l’impiego territoriale.
Mancava un “reclutatore” che procacciasse “clienti”: clienti disposti più a pagare che lavorare. Qui entra in campo una terza persona, una donna rumena che, grazie alle sue conoscenze tra gli stranieri in città, aveva individuato almeno 74 persone disposte ad avere un falso lavoro. La donna è finita ai domiciliari e i suoi “clienti” sono stati tutti denunciati. Il sistema era abbastanza semplice: attraverso le ditte si assumevano, solo sulla carta, lavoratori stranieri, soprattutto albanesi in questo caso, che ottenevano il permesso di soggiorno.
Molte di queste persone poi, invece di lavorare commettevano reati. Se scoperte utilizzavano la documentazione delle società per affermare, in processo, di avere un lavoro ed ottenere quindi misure alternative alla detenzione. Non solo, grazie alla documentazione presentata, tutti i finti lavoratori erano in grado non solo di soggiornare regolarmente in Italia ma anche di intascare dall’Inps le diverse indennità erogate (indennità di disoccupazione, di maternità, ecc.). La Polizia è riuscita anche a stimare con approssimazione il danno erariale che l’Inps ha subito e che ammonta ad oltre 80 mila euro.